venerdì 21 giugno 2013

MMT e terminologia

In merito alla Modern Monetary Theory, avevo scritto in questo documento quanto segue:
 
“…non ne sono un profondo conoscitore. Di sicuro la MMT ha avuto il merito di diffondere la conoscenza di due elementi chiave per comprendere l’attuale crisi, soprattutto nel contesto europeo. Il primo è che uno Stato dotato di sovranità monetaria, che si indebita nella sua valuta, può sempre evitare il default essendo in grado di emettere moneta per ripagare il debito. Ovvio dirai tu, ma forse non per chi ha progettato l’euro…
 
D. Il secondo elemento ?

R. Il fatto che, in una situazione di economica depressa, di trappola della liquidità, dove i tassi d’interesse sono pressoché azzerati ma questo è insufficiente a riportare l’economia alla piena occupazione, è possibile sostenere la domanda stampando moneta, senza che ci sia da preoccuparsi né dell’inflazione né dei tassi d’interesse. Questo è un punto importantissimo e, come abbiamo visto, non compreso da parecchi insigni politici ed economisti.
 
D. Su altre cose la MMT ti lascia invece dei dubbi.

R. Con riserva di approfondirla, mi pare che la MMT abbia sviluppato argomentazioni che faccio fatica a seguire, e che quindi mi risultano dubbie, sul fatto che l’espansione monetaria può e deve essere perseguita anche dopo che l’economia è tornata alla piena occupazione.
 
D. Questo non lo condividi.

R. No, e i motivi risultano chiari ripercorrendo il dibattito economico del secondo dopoguerra. Le politiche di sostegno della domanda hanno goduto in quel periodo di grande notorietà e successo, creando però equivoci e quindi rischi di abusi. Se il sistema economico è già in situazione di piena occupazione, il sostegno della domanda si scontra con il limite fisico di capacità produttiva che in quel momento esiste. C’è più domanda che capacità, in altri termini.”
 
Negli ultimi mesi, ho avuto modo di approfondire questi temi, e mi pare a questo punto evidente che gli esponenti della MMT non affermano quanto alcuni critici mettono loro in bocca. I vari Mosler, Norman eccetera hanno sicuramente chiaro il concetto che una politica attiva di supporto della domanda, finanziata da moneta di nuova creazione, è utile e anzi essenziale per riportare l’economia a un livello ottimale di occupazione. Ma hanno anche chiaro che occorre fermarsi quando i fattori produttivi inutilizzati sono stati messi al lavoro, in quanto ulteriori politiche espansive aumenterebbero a quel punto i prezzi, non la produzione né i redditi.
 
Casomai mi permetto di dare agli esponenti della MMT un suggerimento riguardo alla comunicazione. Gli slogan con cui si presentano e sintetizzano le politiche economiche da loro suggerite sono
 
“serve più, non meno, deficit”

“spesa a deficit per superare la crisi”

“deficit spending per eliminare la disoccupazione”.
 
Ora, il pubblico associa “spesa a deficit” con “più debito” e attribuisce connotazioni negative alla crescita dell’indebitamento. Il che non è sbagliato in sé, naturalmente: il debito è positivo solo se mette in moto una catena di eventi i cui benefici superano le negatività. Ma è lapalissiano che, a parità di ogni altra condizione, meno debito è meglio di più debito.
 
Allora non creerebbe meno equivoci dire
 
“più spesa finanziata da più moneta” ?
 
Finanziare spesa emettendo moneta equivale, in condizioni di disoccupazione elevata, a un autentico “pasto gratis”: recupero dell’economia senza alcun incremento del debito, neanche nell’immediato. Anzi la ripresa implica maggiori entrate fiscali e minore debito pubblico.
 
Anche qui naturalmente c’è un altro equivoco da evitare, il concetto che l’aumento della circolazione monetaria porti necessariamente a più inflazione. Ma la risposta è che la moneta in più non genera inflazione di per sé, l’inflazione nasce dall’eccesso della domanda rispetto alla capacità produttiva del sistema economico. Più moneta permette più domanda, ma finché non abbiamo rimesso le persone e i mezzi produttivi al lavoro, non c’è di che preoccuparsi.
 
Forse come slogan è un po’ lungo, ma proporrei:
 
“più moneta e più spesa quando manca domanda”.
 
OK per questa volta… c’è ancora un concetto MMT che continua invece a sfuggirmi… le esportazioni che sarebbero un costo e le importazioni, invece, un beneficio. Ma di questo parliamo un’altra volta (mi devo ancora documentare…)

9 commenti:

  1. SULLE ESPORTAZIONI = COSTO & IMPORTAZIONI = BENEFICIO

    Sì, quella cosa a me sembrava oscura finché non ho visto questa intervista a Warren Mosler:

    Warren Mosler • quando e perché le esportazioni sono un costo e le importazioni un beneficio — MMT

    http://www.youtube.com/watch?v=4MMipUgjyZQ

    Riporto la descrizione presente sotto il video con l'intervista a Mosler - intervista che consiglio vivamente di vedere - che ho più sopra segnalato:

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    Secondo la MMT-Modern Money Theory le esportazioni sono un costo e le importazioni un beneficio (ossia l'opposto di ciò che le teorie economiche mainstream affermano). La spiegazione è in realtà molto semplice. La MMT indica come sia possibile conseguire e preservare la massima capacità occupazionale e produttiva di una nazione. A QUEL PUNTO diventa quasi banale come questione: è ovvio che non esista altro modo, per una nazione che abbia raggiunto la massima capacità occupazionale e produttiva, di ulteriormente incrementare il benessere dei suoi cittadini se non attraverso le importazioni.

    Riflettendoci, è stupefacente notare quanti economisti siano caduti in questa incomprensione. Ad esempio anche a Claudio Borghi, economista per cui nutro una grande stima, è scappato di dire: «ma è logico che se una nazione importa sempre di più di quanto essa esporti allora alla fine il valore della sua moneta andrà a zero». Invece, proprio per nulla è logico: ciò di cui Borghi non tiene conto con tale sua affermazione è che si sta parlando non di un processo statico bensì di un processo dinamico, tale per cui se attraverso le importazioni il benessere della cittadinanza aumenta allora aumenta anche il valore dell'economia nazionale nel suo complesso e anche l'apparato produttivo tende a rafforzarsi di conseguenza. Ossia la nazione è più ricca. Aumentando il valore dell'economia nazionale, aumenta l'interscambio. Insomma, si tratta di un circolo virtuoso che tende ad apprezzare la valuta nazionale e non a deprezzarla.

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  2. La parte più importante del pezzo qui sopra - quella cioè che descrive l'affermazione di Warren Mosler, secondo cui le esportazioni sono un costo e le importazioni un beneficio - è questa:

    +++La MMT indica come sia possibile conseguire e preservare la massima capacità occupazionale e produttiva di una nazione. A QUEL PUNTO diventa quasi banale come questione: è ovvio che non esista altro modo, per una nazione che abbia raggiunto la massima capacità occupazionale e produttiva, di ulteriormente incrementare il benessere dei suoi cittadini se non attraverso le importazioni.+++

    Mosler quindi descrive una nazione in cui si lavora, si consuma, si produce talmente tanto da prefigurare come la produzione nazionale non sia in grado di soddisfare le richieste di consumo dei propri cittadini. Richieste di consumo che a quel punto vanno necessariamente soddisfatte per mezzo delle importazioni.

    Ergo, per Mosler si dà per scontato che la nazione abbia strutturalmente raggiunto la piena occupazione unita alla piena produzione secondo quanto prescritto dalla MMT, altri economisti (non Mosler) invece ragionano su di un quadro macroeconomico in cui non si è raggiunti la piena occupazione e la piena produzione - con tutti gli effetti che ciò implica.

    Questo discorso di Mosler può sembrare un po' strano quando lo si legge per la prima volta, andando però a spulciare i dati delle importazioni e delle importazioni durante il boom economico italiano degli Anni Sessanta - cioè il periodo della storia italiana la cui economia ha raggiunto la condizione più simile a quella della piena occupazione unita alla piena produzione - ho immediatamente notato come in quel periodo l'Italia importava TANTISSIMO, molto di più di quanto esportava. Cioè, nel momento in cui in Italia si lavorava, si consumava, si produceva al MASSIMO, l'Italia nel contempo importava TANTISSIMO.

    Sull'argomento ci sono altre cose che Mosler aggiunge nell'intervista tra cui anche l'affermazione che "in realtà si esporta sempre con la finalità di importare" in quanto la valuta estera così ottenuta viene poi usata per acquistare ciò che non si produce a livello nazionale.

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    1. E' vero che se importi più di quanto esporti hai una maggiore quantità di beni e servizi di cui usufruire - maggiore rispetto a quanto produci (e viceversa). Però a fronte di questo l'estero aumenta i crediti nei tuoi confronti, oppure acquisisce la proprietà di una parte del tuo patrimonio nazionale. Continuo a pensare che un saldo commerciale grosso modo in equilibrio sia una situazione più corretta...
      Hai il link ai dati Italia anni Sessanta ? va anche notato che in quel periodo l'Italia cresceva a tassi molto rapidi. Un saldo commerciale negativo, che comporta una maggiore esposizione verso l'estero, può essere sostenibile e anche benefico se il paese sta accrescendo il suo patrimonio industriale e la capacità produttiva della sua economia. Se il debito estero finanzia investimenti produttivi che rendono più del costo dell'indebitamento, l'effetto leva è positivo, come lo sarebbe per un'azienda che accende un mutuo per espandere o modernizzare i suoi impianti. Entro, si capisce, certi limiti, perché con l'effetto leva aumenta la volatilità degli utili aziendali.

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  3. Commento di Alessandra MA: ..be' insomma se le critiche si riferiscono alla terminologia..andiamo bene..(certo che dover parlarea un popolo come se fosse un bambino dell'asilo..fa un po' ridere..ma se serve ..va bene anche questo..)

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    1. Guarda su 100 persone, 50 non sanno chi è Keynes e 49 che è il sostenitore di più spesa e debito pubblico sempre e comunque. Se non gli spieghi che non è così, non ne esci ...

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  4. Commento di Geppo Ruggeri: Cattaneo, io e lei concordiamo proprio su tutto: sono anche io un tifoso di Mosler e della mmt, ma su alcuni punti ho delle perplessità. E i punti sono proprio quelli che ha evidenziato, con l'aggiunta del fatto che uscendo da'euro la lira secondo me si svaluta, e non si rivaluta come dice Mosler (almeno nel breve, poi con la ripresa dell'economia e dell'export dovrebbe esserci anche un rafforzamento della valuta, ma mi aspetto che questo avvenga dopo parecchi mesi). La faccenda dell'import che sarebbe un bene mentre l'export un male, invece, mi sfugge completamente e la trovo anche un poco bizzarra. Anzi, per cortesia, se riesce a capirla poi me la spiega?

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    1. Chiaro che si svaluta, e' proprio quello che riallinea il costo del lavoro per unità di prodotto tra Italia e Germania - il cui disallineamento e' all'origine degli euroguai ! Sul punto import uguale ricchezza sto raccogliendo le idee, a breve ci faccio un post !

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  5. Il mio sforzo di documentazione non ha ancora prodotto risultati conclusivi... potrei sbagliarmi, ma ho il sospetto che Mosler tenda (come spesso capita agli americani) a sviluppare un modello valido nella loro realta', e a trascurare gli adattamenti necessari per applicarlo ad altre situazioni. Un deficit commerciale finanziato emettendo moneta sovrana propria, o debito denominato in moneta sovrana, puo' essere visto come "dare pezzi di carta in cambio di beni". E' il caso USA. Ma nell'eurozona TUTTO il debito di tutti i paesi e' debito in moneta straniera. E questo rende gli squilibri commerciali un problema di gravita' TOTALMENTE diversa, per la stessa ragione per cui diventa una faccenda ben piu' seria il debito pubblico.

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    1. Proprio oggi leggo un commento di Warren Mosler su Facebook: "if Italy were allowed to run a full employment budget deficit with debt guaranteed by the ecb the German trade surplus would be a real benefit to Italy". Certo perche' in questo caso l'euro diventerebbe una specie di moneta sovrana italiana... ma le cose naturalmente non stanno cosi'.

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